Steven Erikson
Il Libro Malazan dei Caduti
(4/05/2017)


1 - I Giardini della Luna

6 - I Cacciatori di Ossa

2 - La Dimora Fantasma

7 - Venti di morte
3 - Memorie di Ghiaccio 8 - I Segugi dell'Ombra
4 - La Casa delle Catene

9 - La Polvere dei Sogni

5 - Maree di Mezzanotte 10 - Il Dio Storpio

NB - Fino alla prima parte del Vol. 8 io ho letto l'edizione della vecchia Casa Editrice Armenia, in volumi cartonati, ma qui ho sostituito le copertine dei volumi pubblicati divisi in due con quelle della recente ristampa in volume unico e in brossura della Nuova Armenia. I Volumi 9 e 10 esistono solo in questa ultima versione.

 

Questa è la Saga Fantasy che probabilmente mi ha più impressionato, anche più delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di Martin e della Prima Legge di Abercrombie. È indubbiamente una lettura complessa e difficile, che mi ha costretto a rileggere dall'inizio ogni volta che usciva un nuovo volume, per cui ho interrotto la lettura al quinto volume in attesa del suo completamento, che non c'è stato perché la Casa Editrice Armenia, che lo pubblicava in traduzione italiana, è fallita a metà del volume 8. Potevo leggerlo nell'edizione originale, ma il linguaggio non facile di Erikson e la complessità della trama mi ha spinto ad aspettare per vedere se qualcuno raccoglieva il testimone, e dopo qualche anno sono stato accontentato. Ora l'intera serie è disponibile in italiano (peccato che manchino le "integrazioni" di Esslemont e i "prequel" che stanno scrivendo sia Erikson che Esslemont, ma mai dire mai e tra l'altro Esslemont è decisamente più leggibile in originale di Erikson).
L'origine di questa serie è ormai abbastanza nota: l'antropologo e archeologo Erikson, e il suo studente di dottorato Esslemont, durante i loro periodi di studio sul campo avevano definito un mondo complesso, con tante razze vecchie e nuove, con dei e quasi dei, in uno schema logico adatto ad un gioco di ruolo. Non avendo avuto seguito questa idea, Erikson ha scritto un primo romanzo basato su questo mondo, senza però trovare accoglienza da alcun editore. Qualche anno dopo però non solo I Giardini della Luna è stata pubblicato, ma Erikson ha avuto un contratto per una intera serie di 10 volumi, facendo alla fine la felicità dell'editore, visto l'enorme successo di vendite ottenuto. Poco dopo anche Esslemont, completato il dottorato, ha iniziato a scrivere storie nella stessa ambientazione, inizialmente inserendosi nelle pieghe della narrazione principale per portare spiegazioni e ulteriori dettagli.
Qui però parlerò solo della serie principale di Erikson, a cominciare dal titolo, che è ambiguo non per l'evidente pessima resa in italiano (non voglio pensare ad un errore di traduzione) nella prima edizione di Armenia, ma proprio nella sua versione originaria. In una intervista, Erikson ha dichiarato di essersi ispirato ai registri dei caduti napoleonici, e quindi risulterebbe corretta questa seconda versione italiana. Ma l'intera storia, fin dal primo volume, ruota intorno ad un Dio "caduto", storpio e incatenato, che cerca di ritrovare la sua libertà. Perché quindi non dovrebbe essere "Il Libro Malazan del Caduto"? Onestamente a me piacerebbe di più, anche se non era proprio quello che intendeva Erikson e che risulta chiaro solo nell'ultimo volume.
Prima di iniziare a parlare di questa storia, per me davvero molto bella ma anche difficile da leggere, devo dare un avvertimento: in una recensione come ci si aspetta in questa rubrica, che non può essere completamente superficiale ma deve entrare necessariamente nel vivo del racconto, una certa dose di spoiling è inevitabile, specialmente per una narrazione così complessa ed intricata. Per cui chi non ha ancora incominciato questa serie e non ama le antecipazioni sulla trama, farebbe bene a fermarsi qui, o magari saltare alle conclusioni in cui do il mio giudizio qualitativo complessivo. Per chi invece ha incominciato a leggerla, ma poi si è fermato magari per stancheza o per l'eccessiva complessità e cerca forse delle ragioni per riprendere la lettura, questa spero sia la recensione giusta.
Ovviamente è specialmente dedicata a chi ha letto l'intera serie e vuole confrontare il suo giudizio con quello di altri.
Incominciamo dall'inizio: I Giardini della Luna è stato uno dei romanzi Fantasy che mi ha posto più difficoltà di lettura, e ho dovuto ricominciarlo almeno tre volte prima di concluderlo e di rimanerne affascinato, come si evince dalla presentazione entusiastica che ne avevo fatto a suo tempo, ancora ignaro del fatto che si trattasse di una serie così lunga e dal destino travagliato. Le ragioni di questa difficoltà di approccio le ho espresse nella mia presentazione, ma non credo vada sottovalutata la difficoltà che avevo in quel periodo a dedicare un tempo consistente e continuo alla lettura. I romanzi di Erikson richiedono una dedizione ragguardevole, o una memoria dei dettagli fuori dell'ordinario. Oggi la situazione è decisamente migliore, per un nuovo lettore, grazie all'esistenza di una wiki dedicata al mondo di Malazan che, anche se largamente ancora incompleta, permette di riverificare i fatti passati e chiarirsi le idee tra le varie razze, i diversi personaggi, gli dei e il sistema magico di quel mondo complesso.
In I Giardini della Luna, dopo un breve preambolo in cui si incontrano alcuni dei principali interpreti della storia, senza ovviamente alcuna idea di chi sono e di che ruolo avranno, e in cui ogni singola parola ha un significato che sarà più o meno chiaro solo nello sviluppo del romanzo, ma più spesso nei romanzi successivi, si entra nel vivo dello scontro tra l'esercito Malazan guidato da Dujek Un Braccio e le Libere Città sul continente Genabackis. Scontro che sarebbe senza storia se a fianco delle Libere Città non ci fossero schierate forze molto particolari, come i Tiste Andii guidati da Caladan Brood e i mercenari della Guardia Cremisi comandati dal principe K'azz D'Avore, per non parlare della Progenie della Luna, un asteroide in grado di volare ovunque e sede dei Tiste Andii e del loro capo spirituale Anomander Rake. Il fatto che quasi tutti questi personaggi risultano essere praticamente immortali, a volte quasi degli dei, con storie personali che arrivano alle origini del mondo e ai suoi primi abitanti, con secoli o millenni di amicizie e inimicizie reciproche, non aiuta molto nella comprensione del panorama generale, e non è certo di aiuto il ricevere queste informazioni poco alla volta, quasi di nascosto all'interno di dialoghi il cui obiettivo principale è altro.
Questa è sostanzialmente la difficoltà di approccio a questo romanzo, che se si cerca di capire i dettagli dell'ambientazione, dei personaggi e dei loro rapporti ci si perde inevitabilmente e si finisce per buttare il libro. Se invece si va avanti assorbendo come una spugna asciutta tutte le novità che Erikson presenta a "spizzichi e bocconi", senza illudersi di essere capaci di derivarne un universo coerente, la storia incomincerà a diventare interessante e via via si capirà anche di più di questo mondo, ma per capirlo completamente non basterà arrivare alla fine del decimo volume, perché Erikson lascerà ancora molto di ambiguo e non spiegato. Insomma, bisogna accettare di essere in un mondo, anzi in mondi, diversi da quello cui siamo abituati, e bisogna capirne le caratteristiche poco alla volta, insieme allo svolgimento della storia, perché una storia c'è, anzi ce ne sono molte, e sono mediamente molto ben raccontate (anche se è il caso di dire che qualche difetto la narrazione di Erikson lo presenta, come pure tutti gli dei del suo mondo). Sorpassate le difficoltà di ambientazione che sono inevitabili, in questo primo romanzo si vengono a conoscere molti dei personaggi che saranno presenti anche nei volumi successivi, ma che sono solo una minima parte dei personaggi complessivi, perché ogni nuovo volume aggiunge nuovi elementi di assoluto interesse per la storia globale. Si incomincia anche a capire che in questo mondo morire davvero è difficile, se non quasi impossibile. Poiché ogni persona ha uno spirito, la morte del corpo non significa la scomparsa definitiva di quell'individuo, a meno che lo spirito non oltrepassi la Soglia di Hood, il dio della morte, da cui, si dice, nessuno è mai riuscito a ritornare. L'intera vicenda si svolge sul continente di Genabakis, e in particolare nella città di Darujhistan, anche se si avranno molte informazioni sull'intero impero, qualcuna difficilmente
avvertibile a questo livello, ma che diverrà importante molto dopo. Altre informazioni sparse sono che il precedente Imperatore Kellanved e il suo più fidato compagno Dancer, ritenuti uccisi dall'usurpatrice Sully, attualmente Imperatrice Laseen, in realtà non sono morti ma sono "ascesi" ad un ruolo di dei, occupando, con ancora molta opposizione, il trono del Regno dell'Ombra come Tronod'Ombra e Cotillon. Poi il mite e anonimo Capitano Ganoes Paran, inviato al comando degli Arsori di Ponti, mitico reparto uscito trasformato e in modo quasi miracoloso dall'inferno del deserto Raraku di Sette Città, e che Laseen sembra voler distruggere, è immediatamente assassinato da un sicario inviato e controllato da Cotillon. L'intervento imprevisto del dio Opossum evita la sua morte, e mette in moto eventi che finiranno col far diventare Ganoes Paran il Padrone del Mazzo (che già capire cosa significa questo Mazzo non è cosa semplice). Ma il numero di informazioni che questo romanzo dà è davvero impressionante, e molte sfuggiranno inevitabilmente all'attenzione del lettore. La storia diventa in ogni caso davvero coinvolgente, ed ha un finale, ovviamente parziale, del tutto soddisfacente.
Con La Dimora Fantasma, secondo volume della serie, ci si sposta su un altro scenario tra i più importanti della vicenda, su un'altro dei maggiori continenti di questo mondo e in particolare nella parte chiamata Sette Città. In questa regione, una volta sede del Primo Impero, e una delle prime conquistate dall'Imperatore Kellanved nel suo percorso per formare a sua volta un impero, è in atto una rivolta basata su una vecchia profezia. Alcuni personaggi appaiono qui per la prima volta, o quasi, ma diventano poi personaggi ricorrenti nella saga. In primis Tavore Paran, sorella di Ganoes e diventata Aggiunto dell'imperatrice, costretta però a sacrificare la sorella minore Felisin, condannata ad un periodo di lavoro nelle miniere di Otataral, un metallo che ha la capacità di annullare ogni magia nei suoi dintorni. Ma la storia non andrà come qualcuno aveva previsto, e Felisin si troverà a capo della ribellione che Tavore è mandata a reprimere. Il numero
di nuovi personaggi incomincia a divergere, e il loro intreccio inevitabilmente sempre più complesso. Intanto continua il flusso di informazioni generali su questo mondo e di informazioni particolari su aspetti specifici... solo che la maggior parte di queste informazioni non verrà colta dal lettore...
La sottostoria della Catena dei Cani, il sacrificio del Generale Coltaine e dei suoi "selvaggi" Wickan, insieme ai veterani del 7 Regimento Malazan, per salvare decine di migliaia di civili, non proprio tutti tanto meritevoli di essere salvati, dalla ferocia della ribellione, sottostoria che rappresenta però un buon terzo del romanzo, è forse il momento più epico dell'intera serie, e da sola ha conquistato a questa opera di Erikson un gran numero di lettori affezionati.
Tra i tanti nuovi personaggi che appaiono quasi casualmente ma che avranno un ruolo significativo nel seguito, meritano di essere menzionati Icarium e il suo compagno Mappo Runt, con il suggerimento di non sorvolare troppo sulla loro storia, che non è affatto collaterale.

In Memorie di Ghiaccio la vicenda torna ad allacciarsi direttamente a quella de I Giardini della Luna, e per un poco si andrà avanti così, a volumi alterni. Qui assistiamo ad una fittizia ribellione di Dujek Un Braccio e del suo esercito ai voleri dell'Imperatrice, per potersi alleare con Anomander Rake e Caladan Brood e combattere insieme un nuovo pericolo sorto nel sud di Genabakis: una specie di religione antropofaga gestita da uno Jaghut impazzito il cui potere è alimentato da una Matrona K'Chain Che'Malle, un popolo antico ormai quasi completamente estinto, che era stata liberata da una frattura di un canale, episodio descritto in precedenza e passato inosservato ai più (come quasi tutti gli episodi occasionali che si rivelano importantissimi qualche volume dopo). Alle loro spalle, vera origine di questo culto, vi è uno dei tanti tentativi del Dio Storpio di liberarsi dai vincoli che lo bloccano e di colpire i suoi nemici. Nello scontro finale l'esercito Malazan subisce perdite enormi ma riesce a risultare vittorioso. I pochi Arsori di Ponti superstiti vengono ufficiosamente autorizzati a lasciare l'esercito e si stabiliscono a Darujhistan. Ma questa è solo una piccola parte della vicenda, che segue lo sviluppo di molte altre sottostorie e ne vede la nascita di nuove, con nuovi personaggi che a volte diventeranno importanti per il seguito.
La Casa delle Catene inizia con un prologo in cui una esecuzione rituale tra personaggi del tutto sconosciuti e in un luogo altrettanto irreale si conclude con il salvataggio del condannato e la nascita di una amicizia che se anche non significa niente al momento, come per quasi ogni scena di Erikson, avrà grande significato nel seguito. Il romanzo vero e proprio apre poi una nuova storia centrata su un personaggio, Karsa Orlong, che sembra del tutto nuovo, ma che però, senza saperlo e senza poterlo facilmente riconoscere, almeno all'inizio, era già stato incontrato e sarà uno dei protagonisti nel procedere della vicenda.
E non si tratta solo di un personaggio, ma di un'intera razza emarginata dalla storia dei conflitti dei millenni precedenti, però ancora in grado di poter giocare un ruolo significativo nei conflitti attuali, almeno forse...
Si torna poi a Sette Città dove Travore sconfiggerà la ribellione ed ucciderà, senza saperlo, la propria sorella. Altre sottostorie avranno il loro sviluppo, giusto per complicare la vita del lettore.
In Maree di Mezzanotte si fa la conoscenza di un continente nuovo di zecca, Lether, e di un'avvenura del tutto staccata dalle precedenti, cui poi si andrà a saldare, partendo da un prologo che ci presenta un tradimento molto antico, con personaggi di cui forse, e a volte, si era già sentito il nome, e che aveva avuto un effetto importante sulle vicende di questo continente, che è di fatto il vero centro di tutta la storia che segue.
Siamo in presenza di un conflitto tra filosofie di vita completamente opposte, con un popolo tribale e selvaggio che si scontra con un capitalismo estremo, dove il denaro è il vero dio e nello stesso tempo schiavista. Si incontrano personaggi che rimarranno nel cuore dei lettori, oltre a dei antichi iracondi e vendicativi, ma anche dei benevoli e simpatizzanti. All'inizio lo spirito libero e l'irruenza fisica prevarranno, ma poi la legge naturale avrà la sua vendetta... anche se dietro a tutto continuano ad apparire i piani contorti del Dio Storpio che cerca sempre di liberarsi, ma senza successo.
I Cacciatori di Ossa ci farà invece conoscere come l'armata molto raccogliticcia di Tavore verrà temprata dal fuoco diventando i Cacciatori di Ossa, e di come sfuggirà agli intrighi dell'Imperatrice Laseen, ormai un pupazzo nelle mani dei nuovi potenti di corte. Purtroppo di questa parte della storia di Malazan non si saprà più niente, e bisognerà leggere i romanzi paralleli di Esslemont per esserne edotti. La conseguenza è però l'avvio dei Cacciatori di Ossa verso Lether in cerca di una vendetta e in compagnia di nuovi alleati. Nel frattempo Ganoes Paran entra completamente nel suo ruolo di Padrone del Mazzo, e cerca di riportare ordine tra i tanti poteri che si sentono liberi di agire a propria convenienza.

Con questo romanzo siamo arrivati a metà della saga e abbiamo visto tutti i luoghi principali dove si svolge la vicenda, anche se si sa che ce ne sono altri che solo Esslemont ci farà conoscere, e sono apparse tutte le varie razze che partecipano al gioco anche se qualcuna ancora appena accennata di sfuggita, nuove o antiche che siano, umane, poco umane o per niente umane. Non credo valga la pena che io prosegua in questi micro-riassunti dei vari romanzi, ma che incominci invece a parlare dei contenuti e dello stile di scrittura.
È chiaro che reputo la lettura di questa saga davvero molto impegnativa, sia come tempo che come attenzione richiesta, ma riaffermo che ne vale decisamente la pena. Nonostante i tanti aspetti che rimarranno non chiari, gli avvenimenti che non si incastreranno tra di loro ma solo perché ci saremo perso o dimenticato qualche pezzo, qualche accenno o anche solo uno spunto, alla fine il mondo che vi viene rappresentato avrà un fascino davvero unico, e molti dei personaggi risulteranno indimenticabili.
Un elemento spicca decisamente su ogni altra osservazione possibile: al di là della vicenda dei soldati dell'Impero Malazan, che inizia nel primo volume e si conclude nell'ultimo, questi sono libri pieni di storie, storie quasi sempre, ma non sempre, contenute nelle dimensioni di un solo volume, e spesso solo in una minima parte dello stesso, storie con personaggi a volte memorabili e scritte davvero bene. Secondo me Erikson è principalmente un grande narratore di storie, oltre che un superbo disegnatore di mondi fantastici.
Avevo già fatto notare l'altissimo livello di tensione narrativa e di coinvolgimento del lettore che la storia della Catena dei Cani è in grado di presentare. Evento che diventa un mito che ha enormi conseguenze nel comportamento di intere popolazioni nel seguito della vicenda. Ma anche l'amicizia fortissima e tragica tra Icarium e Mappo Runt, che si trascina invece attraverso tutti i romanzi, ha la sua forte drammaticità. In ognuno dei volumi, molto polposi, magari anche troppo, c'è almeno una storia, e spesso più di una, che espone qualche parte di un essere vivente, non sempre umano, all'esame violento della realtà, proponendo al lettore delle situazioni di conflitto in cui quasi mai c'è chi ha ragione e chi ha torto, ma solo il problema della responsabilità, o della coerenza, o della fedeltà ad un credo di fronte alle conseguenze della vita reale, con le sue violenze anche gratuite, ma anche con i suoi aspetti di generosità.
Erikson non è però solo un narratore di storie, è anche un perfetto descrittore di eventi e gestore di dialoghi. Le parti migliori dei suoi libri sono quelle in cui descrive delle azioni, individuali o di massa. Combattimenti in primis, individuali o tra eserciti piccoli o grandi, ma anche bisbocce tra compagni, rapporti amorosi o litigi tra amanti. Tutti i dialoghi sono molto ben bilanciati, perfettamente presentati con la personalità di ogni soggetto completamente riconoscibile nelle sue parole e nel modo di proporle. C'è davvero di tutto in questi dieci volumi, e tutto descritto in modo davvero coinvolgente, comprese delle considerazioni morali e/o sociali, a volte specifiche, a volte generali, che diventano sempre più frequenti specialmente nella seconda parte della sua opera.
E qui arriviamo anche a qualche critica inevitabile, partendo da qualche aspetto generale.
La suddivisione in capitoli segue sicuramente qualche logica chiara all'autore, ma difficilmente riconoscibile dal lettore. Non c'è certamente quel cambio di Punto di Vista (PoV), uno diverso per capitolo, introdotto da George Martin e da allora diventato quasi uno standard nel mondo Fantasy, ma anzi, per Erikson il cambio di PoV non è un problema, lo effettua moltissime volte all'interno di ogni capitolo, e devo dire che alcune volte è davvero irritante. Perché non è detto che si colga sempre la spaziatura di una riga vuota, e si continui a leggere rimanendo "nella testa" dell'ultimo PoV, fina ad accorgersi che ci sono troppe incongruenze, e dover tornare indietro fino a trovare il punto di rottura e ricominciare da capo. È uno stile ancora usato da molti, ma Erikson lo usa con particolare liberalità, e per me è un difetto stilistico non trascurabile, perché dà davvero fastido al lettore, e del tutto inutilmente.
Erikson è abbastanza attento ad evitare lunghe descrizioni e/o interventi dominanti del cosiddetto Narratore Onnisciente, e di questo sono contento, ma fa invece grande uso dei pensieri dei vari PoV, a volte vere e proprie lunghissime meditazioni sulla propria situazione, o rimuginazioni sul mondo, sugli altri personaggi, sul significato o sul motivo di certe azioni di questo o quel dio. È sicuramente un modo onesto di informare il lettore di fatti che sarebbe difficile far conoscere altrimenti. A questo fine Erikson usa molto bene anche i dialoghi, seppure qualche forzatura è possibile trovarla nelle migliaia di pagine di quest'opera. Nella prima parte della saga questi aspetti sono ben tenuti sotto controllo, possono essere qua e là meno simpatici a qualcuno, ma tutto sommato è un livello molto accettabile. Nell'ottavo romanzo, I Segugi dell'Ombra, invece Erikson esagera e di molto. Le continue "introspezioni" dei vari personaggi coinvolgono considerazioni sociali ma sopratutto morali, problemi presenti ed analizzati anche prima, ma ora diventati ossessivi al punto che ero stato fortemente tentato di interrompere la lettura. Sono venuto poi a sapere che Erikson aveva ammesso di aver avuto grosse difficoltà a completare questo romanzo per ragioni personali, e probabilmente aveva dei termini contrattuali molto stringenti proprio nel periodo in cui stava morendo il padre. Ma a parte possibili giustificazioni, l'ottavo volume è decisamente di livello inferiore ai precedenti. Quando poi si libera da questa ossessione morale, o meglio moralista, di capire cosa è giusto o sbagliato nel mondo complesso che ha costruito, e ritorna a raccontare storie o addirittura scene di azione, è come se la notte venisse improvvisamente illuminata a giorno, con episodi di rara bellezza, specialmente il finale che quasi riscatta l'intero romanzo.
Per fortuna del lettore nel nono e decimo romanzo, che sono in realtà una unica gigantesca opera divisa in due per ragioni pratiche (ogni volume supera le mille pagine) questa tendenza dei personaggi a "rimugginare" troppo, anche se non scompare completamente, diventa di livello più accettabile, Ma fino all'ultimo Erikson introduce personaggi nuovi, nuove sottostorie, derivazioni secondarie delle vecchie vicende, riapparizione di personaggi di cui ci si era ormai dimenticati, quasi gli dispiacesse davvero arrivare alla conclusione.
A me personalmente ha poi dato un po' fastidio l'eccessiva durata di certi dialoghi sostanzialmente umoristici, specialmente quelli centrati sullo strano personaggio di Iskaral Pust, un Alto Sacerdote del Trono dell'Ombra, e come tale servitore di Tronod'Ombra. Divertente all'inizio, diventa troppo ripetitivo e pesante via via che si ripresenta sempre uguale. Anche gli scambi tra Tehol Beddict e il suo servitore Bugg, che più tardi si rivelerà essere Mael, Dio Antico del Mare, spassosissimi all'inizio si trascinano poi stancamente quando diventano quasi solo fine a se stessi. In questo caso per fortuna Erikson riesce a smettere prima di diventare davvero insopportabile.
Queste ultime osservazioni sono esempi di una mia fondata opinione su questa saga da molti punti di vista veramente splendida: è troppo lunga, ha troppi personaggi di cui si fatica a tenere il conto, troppe sottostorie che qualche volta avrebbero potute essere evitate, e spesso Erikson si dilunga troppo su aspetti importanti, interessanti sicuramente, ma che lo sarebbero ancora di più se conclusi più rapidamente.
E arriviamo quindi alle mie opinioni finali, che sono di fatto le opinioni riassuntive di quanto ho detto in questo lungo discorso. Il mondo disegnato da Erikson (senza dimenticarsi di Esslemont) è davvero complesso e affascinante, ma sono principalmente i diversi personaggi e le loro vicende, le storie così mirabilmente raccontate che rappresentano l'aspetto veramente importante di questi romanzi. La capacità di Erikson nel costruire delle storie intricate, dei personaggi a volte eroici a volte pavidi o malvagi, e nello stesso tempo completamente umani, con tutta la complessità di una umanità reale, pur in un mondo che segue regole molto diverse e richiede comportamenti diversi, è davvero estremamente elevata. Essendo sostanzialmente la sua opera prima, e forse sotto una pressione contrattuale forte e vincolante, presenta anche degli evidenti difetti nella struttura narrativa, esagerando nella dispersione delle sottostorie, che sono comunque la vera ossatura dell'opera, e nell'introspezione moraleggiante di vari personaggi, ma questo solo nella parte finale. È in ogni caso una delle poche saghe fantasy di questi ultimi anni che credo meriti assolutamente di essere letta, e rappresenta ormai un caposaldo ben solido che è di esempio ed ispirazione per molti nuovi autori.

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